10 buoni motivi per investire in Italia
L'Italia è la terza economia dell'Eurozona e l'ottava nel mondo, con un PIL di circa 2mila miliardi di dollari (FMI, 2016). Il mercato interno italiano offre molteplici opportunità di business, potendo contare su più di 60 milioni di abitanti e su un PIL pro capite di più di 30.000 dollari. Il patrimonio netto delle famiglie è pari a 8 volte il loro reddito disponibile (un rapporto più elevato di quello di Stati Uniti, Germania e Canada), e l'indebitamento medio per famiglia è contenuto – in media l'82% del reddito disponibile (Banca d'Italia, 2013).
L'Italia rappresenta una porta d'accesso al Mercato Unico Europeo e ai suoi 500 milioni di potenziali consumatori, nonché un'importante via di collegamento tra l'Europa del Sud e i Paesi dell'Est-Europa. Inoltre, è in posizione strategica rispetto ai Paesi del Medio Oriente e del Nord Africa, aree in rapida crescita e con 270 milioni di potenziali consumatori. La rete di trasporti in Italia è ben sviluppata e diversificata: include 6.800 km di autostrade (Aiscat, 2014), 1.000 km di binari per il trasporto ferroviario ad alta velocità, con una velocità massima di 300 km/h (190 mph), e porti in località chiave lungo tutta la penisola per il trasporto marittimo e il trasbordo.
Da oltre 30 anni l'Italia è la seconda economia manifatturiera in Europa, dietro solo alla Germania, e la sesta/settima a livello mondiale (Banca Mondiale, 2015). Il Paese occupa altresì un ruolo di prim'ordine nell'esportazione di prodotti manifatturieri su scala mondiale: si classifica ai primi posti nel ranking dei Paesi per surplus commerciale per 935 prodotti su 5.117, occupando il primo posto per 235 prodotti, il secondo per 377 e il terzo per 323 (Fondazione Edison, 2012).
Investire in Italia significa avere accesso a un know-how unico nell'export nel settore dei macchinari e dell'automazione, nella moda, nel design e nell'enogastronomia. Inoltre, le imprese che investono in Italia possono contare su una fitta rete di PMI e distretti industriali presenti su tutto il territorio nazionale e ben collocati nelle filiere internazionali, fornendo beni intermedi di alta qualità. Ciò acquista ulteriore valore alla luce della rapida ascesa della classe media nei BRICS, che presto eccederà gli 800 milioni di persone, esprimendo una domanda sempre più elevata di prodotti 'Made in Italy' di alta gamma nell'immediato futuro.
Ricerca e innovazione sono ampiamente integrate nei processi industriali, con punte di riconosciuta eccellenza in differenti branche delle scienze della vita (in primis le neuroscienze), fisica e ingegneria (ad es. la robotica), scienze sociali e discipline umanistiche (tra tutte l'archeologia hi-tech). I ricercatori italiani partecipano – e spesso guidano – numerosi e importanti centri transnazionali ed europei di ricerca, uno tra tuti il laboratorio di fisica del CERN, e sono noti nell'ambiente accademico internazionale per la qualità e la diffusione delle loro pubblicazioni.
Il sistema universitario in Italia ha radici antiche, è dinamico e di ottima qualità: più di 20 università italiane si classificano nella top 500 delle istituzioni accademiche del mondo (Academic Ranking of World Universities, 2016) e vi sono oltre 300mila nuovi laureati ogni anno. A fronte di una preparazione accademica elevata, il costo del lavoro nel Paese rimane relativamente basso rispetto all'Eurozona, con un costo orario medio del 18% più basso rispetto alla Francia e del 10% rispetto alla Germania (Eurostat, 2015).
Ogni città italiana presenta tracce di un patrimonio storico unico, frutto di un susseguirsi di popoli e culture durato 2.500 anni. L'Italia è il primo paese per numero di siti patrimonio dell'umanità secondo l'UNESCO (ben 53 nel 2017) ed è tra le destinazioni turistiche più popolari al mondo, con oltre 50 milioni di visitatori ogni anno (UNWTO,2014). Le analisi sul “country branding” collocano l'Italia al primo posto nella categoria 'experience' (Country Brand Index, 2014), confermando che il marchio 'Made in Italy' è universalmente apprezzato quale sinonimo di qualità, ricercatezza e unicità.
La politica industriale di recente avviata dal legislatore italiano ha come caposaldo il rafforzamento della competitività delle imprese in tutti i settori. Tra le misure più rilevanti si annoverano il credito d'imposta del 50% per gli investimenti privati in R&S, inclusi i costi per il personale, e un ammortamento incrementato del 40% per l'acquisizione di nuovi macchinari (c.d. super-ammortamento) – che aumenta al 150% per i beni che favoriscono la digitalizzazione dei processi produttivi (iper-ammortamento). Con il varo del Piano nazionale Industria 4.0 a fine 2016, il sistema fiscale italiano è diventato il secondo più favorevole agli investimenti in digitale e innovazione tra i Paesi sviluppati (Digital Tax Index, 2017).
è in atto una strategia di riforma complessiva per rendere l'Italia un Paese più business-friendly, con meno burocrazia e una migliore qualità ed efficienza nei settori dell'educazione e della giustizia. Oltre al citato Piano Industria 4.0 e a una policy d'avanguardia per le startup e le PMI innovative ad alto valore tecnologico, negli ultimi anni è stata rivista in una chiave di maggiore flessibilità la legislazione fiscale e lavoristica, è stato facilitato lo sfruttamento dei giacimenti petroliferi e di gas e sono stati messi a punto nuovi strumenti finanziari per il settore immobiliare, accanto a sistemi giuridici dedicati per gli investitori stranieri.
Le imprese multinazionali hanno un peso crescente nell'economia italiana: esse impiegano l'11% della forza lavoro, producono più del 20% del fatturato nazionale e ad esse è riconducibile il 26% dei beni nazionali esportati (Istat, 2014). Secondo l'FDI Confidence Index, l'Italia si colloca al tredicesimo posto nel 2017, superando i Paesi Bassi, la Svezia e l'Irlanda (A.T. Kearney, 2017).